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Alla città manca un grande progetto

di Gianni Notari

[Articolo pubblicato su La Repubblica – Palermo il 26 giugno 2010]

Negli ultimi anni ci siamo soffermati diverse volte sui problemi della città. Le analisi che si sono succedute hanno delineato un quadro abbastanza nitido delle criticità presenti, del degrado e dei mali sociali che affliggono il contesto urbano. La piaga del precariato, la disoccupazione, il problema della casa, l’emarginazione sociale, l’emergenza rifiuti, la viabilità; sono solo alcuni dei problemi con cui i cittadini si confrontano quotidianamente e che possono considerarsi conseguenze della mancanza di adeguate politiche pubbliche. Manca un “progetto di città”. Si cercano soluzioni per tamponare le emergenze e l’esito di ciò è una città patchwork, senza un disegno e senza coerenza ma provvisoria e improvvisata. Questa incapacità di elaborare un piano strategico di sviluppo che caratterizza la nostra classe politica, però, è spesso ravvisabile anche nella società civile. Ci lamentiamo soltanto e non muoviamo un dito per cambiare le cose. Senza mettere in discussione certezze e abitudini consolidate. Pensiamo alla vicenda di Bellolampo: una situazione tragica che richiederebbe la mobilitazione di tutta la città.
Per fortuna accade anche altro. Da tre anni a questa parte, cresce il numero di cittadini che sceglie di non limitarsi alla sterile lamentela ma decide di impegnarsi in prima persona nell’elaborazione di piani di intervento. Si tratta di “minoranze creative” che cercano un proprio spazio di azione e rappresentano un “lievito” importante per la crescita democratica e lo sviluppo di questa città. L’elemento critico, però, è la frammentazione che caratterizza anche questa essenziale componente sociale. Non ci si riesce, infatti, a compattare intorno ad uno sbocco “politico” comune. Tali fondamentali minoranze creative, infatti, spesso rimangono intrappolate nella ricerca di un proprio spazio di azione e nelle loro visioni parziali. La fisiologica attenzione ai propri percorsi settoriali, infatti, si traduce in patologica frammentazione, nell’incapacità di armonizzare le proprie specificità in un complessivo progetto di città realisticamente percorribile. Questo possibile progetto urbano, infatti, non può essere solo la somma di tutte le varie iniziative elaborate dalle minoranze creative, ma dovrebbe essere qualcosa di più e di diverso, che favorisca sviluppo attraverso adeguate politiche pubbliche e armonizzi politiche settoriali: dalla mobilità ai rifiuti alle politiche sociali.
Il rischio, in tal senso, è di riproporre le stesse logiche che hanno condotto a questo stato di cose, cioè la tendenza dell’amministrazione pubblica a produrre politiche frammentate e prive di un obiettivo di medio-lungo periodo. Si deve rammentare, innanzitutto, che è troppo banale imputare le criticità della politica comunale al solo Cammarata. Il problema non è il singolo uomo – con tutti i suoi limiti – ma l’assenza di un’idea di città, il perpetuarsi di un tipo di politica che non pianifica, non va oltre la durata dei mandati elettorali e la logica delle clientele. Appare erroneo ritenere che sostituire Cammarata rappresenti tout court un cambiamento nel corso politico. Perdurando questo stato di cose, infatti, è altamente probabile che chi gli succederà riproporrà un medesimo modus operandi. Sostituire l’uomo, infatti, è inutile se non si sostituiscono le logiche che egli rappresenta. E la società civile non deve rischiare di rimanerne anch’essa invischiata.
Pertanto, a segnare la discontinuità deve essere l’assunzione di una logica progettuale. Elaborare un progetto di città e avviare una sinergia fra soggetti differenti ed eterogenei. È necessario, in un certo senso, fare un passo indietro nella difesa delle diverse visioni parziali per fare mille passi avanti nella costruzione di una “Palermo possibile”. L’idea di città, infatti, deve favorire il raccordo di quegli orientamenti specialistici evidenziati dalle minoranze creative, ma deve essere di più e altro che la “confusa” somma delle parti. Bisogna cominciare a lavorare per disegnare delle politiche pubbliche armonizzate da un rigoroso quadro analitico e orientate ad un progetto di medio-lungo periodo.
Si tratta di diventare competitivi e per far questo è importante pianificare politiche coerenti, elaborare strategie, dotare la “Palermo possibile” di un proprio ruolo e di proprie specificità, avendo come riferimento non solo il contesto regionale ma anche nazionale, europeo, mediterraneo. Elaborare una mission e una vision significa, pertanto, uscire dall’indeterminatezza, formare una politica cittadina non più caotica ma armonica. Significa anche andare oltre le limitate politiche settoriali individuando innanzitutto un minimo comune denominatore che possa esprimere un’idea di città capace di aggregare e di coinvolgere.
Le minoranze creative e l’intera società civile sono i soggetti da cui si auspica il superamento della frammentazione e l’attuazione di una sinergia. Al loro fianco, su questa sinergia, dovrebbero confluire anche altri attori, come i partiti riformisti (spesso appiattiti su logiche di poltrone e di spartizione di potere), il sindacato, le agenzie educative, il mondo dell’impresa (piccola e media) e quello della finanza. Questi ultimi due soggetti hanno un ruolo di primaria importanza nell’attuale congiuntura storica; essi hanno l’obbligo etico di cambiare rotta e di sostenere tutte quelle realtà che guardano al bene comune, prendendo consapevolezza che è “conveniente” investire su un impianto urbano innovativo. Senza retorica. Attraverso azioni concrete.
Inoltre il mondo del credito dovrebbe sostenere quelle imprese che vogliono uscire dall’asfissia che le uccide e soprattutto spezzare le logiche della dipendenza dal denaro pubblico. La finanza dovrebbe anche proporre alle imprese in difficoltà delle opportunità per poter sopravvivere alla situazione debitoria, specialmente nei riguardi della pubblica amministrazione.
La “Palermo possibile” nascerà quando tutti insieme decideremo di intraprendere la faticosa, ma esaltante, strada del cambiamento.