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Noi, l’altro e l’attesa

È Natale. Un altro Natale. Festa di condivisione e di pace. Una festa in cui i simboli religiosi si uniscono a quelli consumistici e danno vita a suggestioni che coinvolgono e, a volte, travolgono.
Ma Natale è anche, e soprattutto, una festa di speranza. La speranza di un cambiamento.
In questo anno in cui la recessione economica colpisce anche il nostro paese, la speranza è vitale. Una coordinata fondamentale per la gestione di una quotidianità che a volte sfugge di mano. La speranza è il contrario della rassegnazione.
Quella rassegnazione troppo diffusa, mista ad apatia, all’incapacità di reazione che si trasforma in assuefazione.
L’appiattimento sul presente, la frammentarietà della vita, il rapportarsi alla società non in termini di trasformazione, ma di adattamento passivo, sono alcuni esiti di un processo che mette in difficoltà ogni serio tentativo di costruire una convivenza umana pacifica e solidale.

In un anno di crisi, in cui tante cose stanno cambiando, in cui le certezze diventano sempre più aleatorie, la speranza può divenire tensione progettuale, capacità di immaginare un futuro possibile e azione concreta per realizzarlo.
La strada da percorrere è un’attenzione etica che riscopre un progetto da perseguire e la voglia di impegnarsi nella sua realizzazione. Non deve spaventarci il nuovo. L’alternativa è quella di rimanere schiacciati dalla spasmodica tentazione di difendere i nostri personali “orticelli”. Il mondo cambia e noi dobbiamo imparare a discernere ciò che è indispensabile continuare a preservare e ciò che dobbiamo superare, come la tentazione di ridurci a replicanti di apparati ipocriti e senza futuro.
La speranza, dunque, in questo Natale può essere condizione storica da perseguire, ma anche condizione interiore, apertura al mondo, all’altro che ci sta accanto. Essa rimane sterile se non è sostenuta da un cuore capace di accogliere gratuitamente, di concretizzarsi nella logica del dono. La difesa del “possesso” ci inaridisce e ci imprigiona in un labirinto di interessi e particolarismi. Il dono ci include in una dimensione sociale che ci arricchisce e ci fa crescere, come singoli e come gruppo.
Oggi, manca una dimensione collettiva dell’essere, la capacità di sentirsi parte di un insieme dove la storia di un miliardo di affamati è un affare che ci riguarda, dove le vittime della crisi economica non sono cronaca distaccata riportata dai mass-media, ma persone concrete che vivono forse nel nostro stesso condominio. È dignitoso rifiutare il coinvolgimento auspicato dai paladini di un nebuloso “bene collettivo”, che spesso camuffa interessi clientelari e di casta, ma è anche poco dignitoso ripiegarsi nell’individuale, nel vantaggio concreto, immediato e misurabile, chiudendosi in una indignazione che mortifica chi prova il cambiamento.
La salvaguardia del “possesso”, inoltre, paradossalmente non dà felicità ma ansia e sentimenti di precarietà legati all’impegno della “difesa” delle proprie sicurezze. La felicità, invece, ci attende nel dono, nella volontà di instaurare relazioni significative, sperimentando la vicinanza. Verso tutti. Senza discriminazioni.
Questo Natale può essere un “cominciamento” verso la ricerca di un nuovo modo di vivere la vita.
Diceva E. Dickinson: «io vivo nella possibilità… e la mia vita è questa, allargare le mie esili mani per accogliervi il paradiso». Ognuno di noi vive nella “possibilità”, avendo l’opportunità, giorno dopo giorno, di costruire un piccolo frammento di “paradiso”, fatto di incontri riusciti, di passioni rinnovate e di progetti condivisi.
Allora, il regalo per questo Natale può essere quello di donare a noi stessi e a chi ci sta accanto un frammento di questo paradiso, illuminato dalla speranza e dalla prospettiva di un mondo più bello.
Proviamo a vivere in maniera coinvolgente questa disposizione interiore, condividendo ciò che siamo e facciamo: paure, prospettive, fallimenti e voglia di rimettersi in gioco.

A nome di tutto lo staff dell’Arrupe, ti invito in Istituto, venerdì, 19 dicembre, alle 18.30, per gli auguri natalizi.

P. Gianni Notari SJ.

 

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