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Da Aleppo a Damasco. Appunti di viaggio

Siamo partiti il 24 agosto verso la Siria consapevoli che il pellegrinaggio che intraprendevamo non era solo percorrere un itinerario turistico, ma vivere un’esperienza di condivisione e di incontro con la “differenza”.
Già la prima sera, ad Aleppo, ci siamo resi conto della ricchezza e della varietà del nostro gruppo: 30 persone provenienti da realtà territoriali diverse, da contesti di lavoro e di impegno molto vari, ma anche da sensibilità di fede differenti. Tutti però accomunati dalla voglia di mettersi in gioco e di lasciarsi interpellare e comprendere in profondità, senza pregiudizi, un paese diverso dal nostro. Nella religione, nella forma di governo, nel modo di vivere.
È difficile riportare compiutamente le suggestioni e le emozioni che il viaggio ci ha donato, ben al di là delle aspettative. La Siria è un luogo unico al mondo per la storia, la ricchezza delle vestigia che custodisce e l’atmosfera che l’avvolge.
Culla delle prime civiltà conosciute e da millenni punto di incontro tra Europa ed Asia, questo Paese è una fonte continua di emozioni che l’itinerario percorso ci ha permesso di scoprire in tutto il suo fascino: il monastero di San Simeone lo stilita costruito tra il 476 e il 491 attorno alla colonna sopra la quale l’asceta passò gran parte della vita e del suo ministero profetico; Aleppo con la sua Cittadella, dal maestoso ingresso e i vecchi suq, labirinti che si estendono per più di due ettari, dove convivono i profumi del cardamomo e dei chiodi di garofano, le grida dei venditori ambulanti con i loro carretti e una grande moltitudine di negozietti; la città morta di Serjillah, in mezzo a un deserto pietroso, ove ancora molte costruzioni sono in buon stato di conservazione; l’antica città di Apamea, ora conosciuta come Qala’at al-Mudiq, sulla valle dell’Oronte: città seleucide che conserva testimonianze romane e bizantine, tra le quali uno spettacolare colonnato del II secolo d.C.; Hama, antica e potente capitale del regno meridionale ittita risalente al XII secolo a.C.; il Krak des Chevaliers, il castello medioevale per eccellenza di età crociata, che fu la più importante e nota costruzione militare fortificata dell’Ordine dei Cavalieri dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme; Palmira, con il Gran Colonnato, una strada lungo un chilometro, fiancheggiata da portici; Maalula, pittoresco villaggio tra le montagne dove si parla ancora l’aramaico come ai tempi di Gesù e centro di antichissima tradizione cristiana; Damasco, una metropoli di circa 4 milioni di abitanti, la cui multireligiosità sembra aver plasmato l’estetica stessa della città, nelle architetture in stile bizantino, nelle infinite viuzze del centro storico, in centinaia di grandi e piccoli minareti, posti a guardia di altrettante grandi e piccole moschee, come la storica moschea Omaya risalente all’anno 705, luogo simbolo della fede islamica dove è custodito, tra l’altro, il mausoleo in cui – secondo la tradizione – è sepolta la testa di S. Giovanni Battista e per questo visitato e venerato anche dai cristiani; e ancora il Sud della Siria con Ezraa e Bosra…
Una storia millenaria, con importanti testimonianze che giustamente vengono presentate con fierezza e orgoglio da chi abita quei luoghi. Il pellegrinaggio in Siria, organizzato dall’Istituto Arrupe, ha donato però qualcosa in più a tutti noi: la gioia inaspettata di alcuni incontri significativi e che hanno lasciato una traccia indelebile nel nostro cammino di ricerca.
Un momento importante del nostro viaggio è stata la visita al Monastero di San Mosè l’Abissino, Deir Mar Moussa el Habashi, un posto incantevole che si raggiunge dopo avere salito circa 400 gradini: lì vive Paolo Dall’Oglio, un gesuita che ha scoperto e restaurato questo luogo quand’era in rovina, un “homo faber” oltre che un mistico, l’ospite instancabile di una roccaforte visitata da migliaia di pellegrini, un costruttore di ponti tra il mondo cristiano d’Oriente e quello dei musulmani, tra i frutteti irrorati dal Monte Libano e il deserto dei pastori. Tutto concorre a fare di questa visita un’esperienza unica: la suggestione del panorama, la cordiale ospitalità, la celebrazione eucaristica nella chiesa con affreschi risalenti all’XI e XII secolo, le parole di P. Paolo: «Questo luogo è fatto per l’incontro fra cristiani e musulmani, e questo incontro realizza la pienezza finale della nostra fede. Tutto è orientato verso questa escatologia. Il monastero orientale fa parte del paesaggio islamico fin dal tempo di Maometto. Sia per i musulmani che per i cristiani, venire qui è come tornare alle sorgenti». Uomini e donne di religione diversa, lontani dai messaggi di paura e di minaccia di terrorismo che ci bombardano nel quotidiano, sperimentiamo che la pace è possibile, che la convivenza nella diversità è una meta raggiungibile …
Il “miracolo” continua … a Damasco durante l’incontro con l’Imam Salah Eddin Kuftaro direttore del Centro Islamico “Al-Shaik Ahmad”, che porta il nome di suo padre, già gran Mufti della Siria.
La visita già programmata, iniziata nella cortesia e nella formalità, si trasforma presto in un incontro sincero tra persone che credono nel dialogo che non annulla le differenze, ma arricchisce la vita e scioglie il pessimismo che porta a vedere nell’altro una minaccia.
In un crescendo si passa dal tè al caffè (quello arabo e quello napoletano!), fino all’invito in moschea e alla cena a casa dell’Imam per tutti.
Nella moschea “Abu Nour”, durante la preghiera del Venerdì, lo sceicco invita P. Gianni Notari ad intervenire e le parole di dialogo risuonano con il peso dell’autorevolezza di chi crede davvero nella possibilità di un mondo diverso e trovano nelle mille persone presenti degli ascoltatori attenti e consapevoli della solennità del momento.
A cena si suggella un’amicizia con lo scambio dei doni, con il cibo preparato con perizia, i sorrisi e i gesti di simpatia tra le donne (una solidarietà al femminile che attraversa le culture), e la promessa di iniziare un cammino insieme nell’offerta di occasioni per crescere nel dialogo interreligioso. È stato già fissato un primo appuntamento in primavera a Palermo su “governance e valori”.
L’evento è stato amplificato da un quotidiano nazionale e dalla televisione.
Un altro incontro significativo è stato quello con il patriarca greco-melchita cattolico di Antiochia, S. B. Gregorio III. Anche nel suo discorso si ripetono parole di fratellanza e di amicizia, insieme all’impegno per tenere accesa la fiaccola della testimonianza in una realtà ormai globale che rischia di omologare le persone nel consumismo e spegnere le ragioni del cuore.
Il dialogo non indebolisce l’identità di nessuno, ma provoca ognuno a vedere il meglio dell’altro: la testimonianza dei cristiani d’Oriente ne è un chiaro esempio.
Alla fine del viaggio risuonano le parole della nostra guida competente e innamorata del suo Paese: «parlate della Siria ai vostri connazionali, dite ciò che avete visto».
E ciò che abbiamo visto è il volto più vero di una nazione orgogliosa e fiera delle sue ricchezze e soprattutto un luogo dove – malgrado i venti di guerra, di intolleranza e di violenza terroristica alimentata dal fondamentalismo islamico che soffiano su tutto il Medio Oriente – si può toccare con mano che la differenza è una risorsa per il futuro.

I partecipanti al viaggio

 

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